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giovedì 17 marzo 2011

L'importanza di chiamarsi Pippo

Ci sono segreti custoditi con particolare cura: il terzo di Fatima, l'ubicazione di Atlantide, il suono che fa una sola mano, la ricetta della pasta al forno di mia nonna e, da qualche giorno, il fatto che Lorenzo abbia imparato a chiamare per nome i nonni paterni.
Il pargoletto, infatti, si produce in un perfetto "nonno Pippo" e in un più vago "nonna Gigia" che è stato comunque generosamente omologato in nonna Lidia. Neanche a dirlo la performance gli è valsa la nomina ad erede universale di un patrimonio inestimabile di albi a fumetti e spartiti per canti liturguci.

Coi miei suoceri, invece, è rimasto a nonno e nonna, senza nomi propri. Certo, Pippo e Lidia sono molto più facili da pronunciare rispetto ad Erasmo e Nuccia, ma noi stiamo ugualmente cercando di nascondere questa disparità di trattamento tra avi.
Gli esclusi, poverini, potrebbero rimanerci male. E mentre procediamo con i corsi accelerati di Erasmo e Nuccia, evitiamo ogni possibile occasione di incontro tra consuoceri. Sarebbe uno di quei casi in cui viene fuori il Decoubertinismo dei vincitori: un senso di superiorità d'affetti che si esprime con sorrisi compassionevoli e pacche sulle spalle e che raggiunge lo zenit nella frase: " che volete farci, sono bambini".

E anche io e Laura lo abbiamo imparato che sono bambini, soprattutto quando hanno superato i 60 anni.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

il decoubertinismo dei vincitori è un'espressione degna di passare alla storia!

Vincenzo La Monica ha detto...

Passare alla storia non so, mi accontento di partecipare :-)