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lunedì 5 ottobre 2009

E uno e due e tre e quattro


Siamo una famiglia sportivamente nella media. Abbiamo, cioé, una cyclette in camera da letto e la usiamo quotidianamente come comodo reggiabiti. Due anni fa ho osato l'acquisto di uno stepper che nel giro di una settimana si è conformato all'ordine dell'universo casalingo trasformandosi in un costoso modello di poggia scarpe per signora. Insomma non sarà l'orinatoio di Duchamp, ma il nostro ready made domestico è comunque funzionale all'equilibrio ginnico della casa.
Almeno fino ad oggi, quando gli incipienti dolori alla schiena di Laura l'hanno convinta ad intraprendere (rullo di tamburi) la ginnastica della gravidanza. Io ho letto da qualche parte che il cuore di un uomo effettua circa 56 milioni di battiti in una vita e non avendo intenzione di sprecarne nemmeno uno in attività sportive, ho assunto il ruolo di coach e di preparatore atletico. Insomma una Jane Fonda, ma più magra.

Ho praparato il tappeto indiano appena acquistato all'equo e solidale, abbiamo indossato il pigiama con i buchi strategici (piccolo incoraggiamento agli amici che hanno in mente di sposarsi, almeno non potrete dire che non vi avevamo avvertiti), ho acceso l'incenso aromatico alla fragola e ho cominciato a leggere lo svolgimento degli esercizi tutti incentrati sull'armonia interiore e la consapevolezza di sé. Un quadretto per cui anche il più compassionevole degli yogi avrebbe implorato un'immediata reincarnazione in un lombrico. Al secondo esercizio, subito dopo l'invito a concentrare l'attenzione sul bambino e sui nostri bisogni interiori, abbiamo pensato che aveva sicuramente ragione l'estensore dell'esercizio e siamo saliti in cucina a friggerci quattro sofficini Findus. Come diceva Osho: il sorriso che c'è in te.

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