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martedì 22 settembre 2009

Etica fonetica - 1



Alla ventiquattresima settimana anche il sistema uditivo perde i punti interrogativi e si trova completamente formato. Il feto ascolta soprattutto il rumore del sangue che fluisce nella placenta. Dicono che assomigli alla risacca del mare ed è per questo che troviamo tanto rilassante ascoltare le onde che si affaticano contro le scogliere. Ci riportano alla tranquillità di un'esistenza amniotica.
Un altro suono costante nell'utero è il ritmo del cuore della mamma, ma il feto sarebbe anche in grado di ascoltare le voci e la musica che provengono dall'esterno. I libri e i siti internet, quindi, ci consigliano di parlare molto a Lorenzo e di fargli ascoltare musica.
Già, ma quale? Il nostro testo di riferimento cita degli studi della Boston University secondo cui gli autori che il bambino preferisce sono Mozart e Vivaldi sopra tutti. Seguono Chopin, Bach, Dvorak e Schubert. Qualche concessione alla modernità per Enya.
Da evitare il rock, Brahms e Beethoven (forse per timore di qualche effetto Arancia Meccanica, ma dimenticando l'adorabile Schroeder dei Peanuts).
Tutta la mia stima per la città in cui si forgiarono i destini dell’america indipendente e campioni come Larry Bird e Robert Parish che contesero negli anni ’80 i più bei titoli NBA ai Los Angeles Lakers, ma nutro qualche perplessità sugli studi.
Ci deve essere, infatti, un pentagramma che si curva da qualche parte e, correndo a precipizio, porta dalla sonata k331 e dalle toccate e fughe prenatali, alle tagliatelle di Nonna Pina e ai Caffè della Peppina della prima infanzia. Per poi inabissarsi ancora fino ad arrivare giù giù a Britney Spears e ai Tokio Hotel che leniscono malamente i brufoli dell’adolescenza. Qualcuno della Boston University ci starà studiando veramente su questa degradazione d'ascolto. Hanno parecchi fondi pubblici sulla East Coast.
Nel frattempo io e Laura ascoltiamo quello che abbiamo sempre ascoltato e che Euterpe ce la mandi buona.

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